Gomorra: sporgendosi sull'orlo dell'abisso...

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Pubblicato il 15/06/08 da Ivan Toscano

24 maggio 2008, a Chiaiano (Napoli) infuriano gli scontri tra forze dell'ordine e cittadini che manifestano contro l'apertura della discarica, consegnando al mondo l'ennesima cartolina di una Campania esasperata dalla spinosa e controversa emergenza rifiuti.
A quasi mille chilometri di distanza, intanto, Matteo Garrone e Roberto Saviano vivono la vigilia della premiazione del 61° Festival di Cannes, che consacrerà Gomorra (il film tratto dall'omonimo best-seller di Saviano) sull'altare del cinema internazionale.
Impossibile non scorgere un filo diretto che leghi il clamore degli eventi di cronaca recente al successo di un film come questo, per altro intenso e spiazzante. Si tratta, senza dubbio, di uno scottante documento di denuncia, che sbatte in faccia al pubblico internazionale le immagini di una vergogna tutta italiana, facendogli quasi annusare l'odore del sangue versato nella guerra di camorra tra il clan Di Lauro e i cosiddetti scissionisti, nonché l’olezzo nauseabondo degli intrecci tra camorra, imprenditoria e politica camuffato sotto il fetore della "monnezza" campana.
In realtà quella che viene mostrata nella pellicola di Garrone, purtroppo, è solo una minima parte di ciò che un lettore, anche il più smaliziato, può scoprire durante lo sconvolgente viaggio nel profondo abisso della Gomorra italiana, in cui Saviano ci conduce - o forse sarebbe meglio dire ci scaraventa - attraverso le pagine del suo fortunatissimo romanzo-nofiction.

Questo libro, edito dalla Mondadori, in poco tempo è divenuto un caso editoriale di notevole rilevanza, che vederlo scalare i vertici delle classifiche internazionali e sapere che sia stato tradotto in 33 paesi diversi, pur costituendo un fatto certamente esaltante non ci dovrebbe, tuttavia, sorprendere. Perché?
Probabilmente perché Gomorra è un testo di estrema attualità come lo è stato La Casta, di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, in cui vengono denunciati casi di sprechi e privilegi ingiustificati della politica italiana.
Entrambi i libri tratteggiano, con taglio giornalistico, aspetti di realtà a noi vicine.
Entrambi hanno raccolto un consenso enorme, straordinario da parte del pubblico italiano.
Lo stesso pubblico che le recenti statistiche ci dicono essere disinteressato alla lettura.
Eppure sia Gomorra che La Casta in poco più di un anno sono riusciti a superare il milione di copie vendute nella sola Italia. Ciò sembra indicare che esiste davvero un ingrediente capace di solleticare gli appetiti collettivi: la concretezza e l’attualità degli argomenti affrontati, che si incontrano con la crescente esigenza di corretta e completa informazione, avvertita sempre di più dalla gente comune.

Questo può spiegare, in parte, l’interesse del pubblico italiano attorno a vicende che la riguardano direttamente. Non basta da solo a motivare, invece, l’incredibile successo internazionale di cui sta godendo Gomorra che, prima ancora di diventare un film, è stato anche un omonimo spettacolo teatrale di Mario Gelardi.
Per quanto possa esserci, nell’opinione pubblica mondiale, notevole curiosità riguardo alle cronache sui malcostumi italiani (che quando sono raccontate con dovizia di particolari proprio da un italiano diventano ancora più interessanti), è ovvio che il segreto del libro di Saviano vada ricercato, oltre che nel contenuto, anche e soprattutto nel ritmo e nello stile della narrazione.

Gomorra si caratterizza per un testo privo di leziosità e di inutili fronzoli.
La brutalità di alcuni eventi di cronaca narrati si lega bene con lo stile di scrittura: asciutto e coinvolgente.
In alcuni passi - come quello in cui Saviano si rifà all'Io so di Pasolini - gli occhi del lettore scivolano via con leggerezza per la spontaneità delle parole, quasi da pagina di diario, con cui l’autore esterna le sue più profonde ed intime riflessioni. Altrove il linguaggio diviene crudo e spietato, come solo i racconti di un reporter inviato in un teatro di guerra possono esserlo.
L’intero libro è un intreccio di strade, percorsi, vite e destini diversi che si incontrano.

Il sarto napoletano che insegna ad un esercito di apprendisti cinesi l’arte di confezionare abiti pregiati, che andranno ad arricchire il mercato dei falsi.
Lo stakeholder, cinico procacciatore di affari in materia di smaltimento (illegale) di rifiuti pericolosi che riesce a nascondere ovunque nel sottosuolo campano.
Annalisa Durante, vittima per errore di un agguato di camorra; una vita stroncata a quattordici anni. «Quattordici anni. Ripeterselo è come passarsi una spugna d’acqua gelata lungo la schiena».
Don Peppino Diana, coraggioso parroco antimafia assassinato nel 1994 dalla camorra dentro la sacrestia della sua chiesa. Era colpevole di aver scritto e poi diffuso, nel Natale del ’91, in tutte le chiese di Casal di Principe un documento dal titolo “Per amore del mio popolo non tacerò”, durissimo manifesto di denuncia contro il sistema criminale.

Sono solo alcuni dei personaggi che si muovono in uno scenario quasi surreale (se solo non fosse tutto così tragicamente vero) di una realtà degradata, fatta di miserie morali, personali e collettive, dove il tempo e lo scorrere della vita è scandito dai colpi di pistola e dai rumori dei cantieri edili che, per volere della camorra e con il beneplacito della politica, cementificano tutto.
Una realtà dove il crimine non è vissuto semplicemente come uno stile di vita.
È un sistema. È il Sistema.
L’unica autorità che realmente conta ed ha il controllo del territorio.
Nel bene e nel male decide della vita di tutti: produce vestiti, costruisce immobili, assolda e manda a morire baby killer e baby spacciatori, compra e poi esporta armi ovunque nel mondo ci siano movimenti di guerriglia. Smaltisce clandestinamente rifiuti, regola i suoi rapporti con gli altri clan attraverso ben calibrati articoli pubblicati su giornali compiacenti e poi, ovviamente, intrattiene affari con politici corrotti.

Quella che viene tratteggiata in Gomorra è una realtà preoccupante che, sebbene sia ormai divenuta un triste patrimonio dell’immaginario comune, riesce comunque a sorprendere anche chi è nato in terra di ‘ndrangheta e di certe cose, sicuramente, ha già sentito parlare.
Immergersi nelle parole di Saviano è un’occasione ulteriore per riflettere sull’importanza di maturare realmente, in sé e nella collettività, al di là di ogni sterile retorica quel senso di legalità che non può e non deve rimanere semplicemente latente nelle persone.
Leggere, capire e reagire al Sistema ha un’importanza capitale, che si coglie in tutta la sua pienezza in un passo cruciale del libro.

«Porsi contro i clan diviene una guerra per la sopravvivenza, come se l’esistenza stessa, il cibo che mangi, le labbra che baci, la musica che ascolti, le pagine che leggi non riuscissero a concederti il senso della vita, ma solo quella della sopravvivenza. E così conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare».

Ivan Toscano

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